Intervista all'artista

INTERVISTA ALL’ARTISTA

Fabio Bianchi intervista Massimo Tosini (24 novembre 2016 al Giovedì degli Artisti degli Amici dell’Arte di Piacenza)

F.B. La tua produzione artistica è caratterizzata da fondi neri con pittura in foglia d’oro. Mi potresti dire il perché di questa scelta? E vero inoltre che ti chiamano "pittore dell'oro"?

M.T. La scelta del fondo nero non è affatto casuale e non mira solo al risultato estetico, che pure non mi è indifferente. E’ nota l’importanza del vuoto nel pensiero e nell’estetica Zen. Il vuoto è lo spazio in cui si sviluppa la nostra creatività al di fuori e al di là dell’illusione del mondo fenomenico. L’oro è energia pura, i segni dell’oro sulla superficie oscura sono lampi di luce nel vuoto che rivelano una realtà nascosta, interiore, libera da ogni condizionamento. Il fatto che qualcuno mi definisca il pittore dell’oro non mi dispiace. Rende bene il mio lavoro anche se questa definizione potrebbe mettere in ombra la mia ricerca nell’ambito dell’estetica Zen, il che sinceramente mi dispiacerebbe.

F.B. L’unico colore che ho notato in alcune tue opere, a parte il nero che è un non colore e che, come dicevi, rappresenta il vuoto, è il blu. Perché hai pensato di utilizzare nelle tue opere questo colore e non altri?

M.T. Innanzi tutto voglio spiegare perché nelle mie opere non compaiono colori, se non il blu. I colori, pur affascinanti, rappresentano la materia e quindi l’illusione del mondo fenomenico dalla quale la mia pittura vuole distaccarsi. Il blu nell’ambito della gamma dei colori in un certo senso rappresenta un’eccezione. Il vuoto, il nero dei fondi, è rischiarato e illuminato dai segni dell'oro, come il cielo di una notte oscura, rischiarato dai lampi di un temporale si illumina e rivela il blu. D’altra parte nella nostra tradizione artistica occidentale a far tempo dalla pittura medievale, il blu è sempre stato metafora di spiritualità e trascendenza. Non a caso il blu è il colore adottato per l’iconografia della Vergine Maria, la cui natura terrena è rischiarata dalla luce divina.

F.B. Qual è secondo te, al di là dei significati mistici e filosofici che tu associ all’oro, la caratteristica di questo materiale in pittura?

M.T. Innanzi tutto vorrei precisare che l’uso che io faccio dell’oro si discosta dalla tradizione pittorica occidentale avvicinandosi invece alla tradizione estremo-orientale cinese e giapponese che soprattutto nell’arte della lacca fornisce numerosi esempi di pittura in oro su fondo nero. In Occidente l’oro era usato soprattutto per i fondi (fondo oro è il termine comunemente usato per le pitture su tavola Due-Trecentesche), ma non per la pittura vera e propria. Nei secoli successivi l’oro fu relegato ad una funzione per lo più decorativa in cornici e fregi architettonici. Nell’arte Occidentale per assistere ad un ritorno dell’oro in pittura dobbiamo attendere Gustav Klimt che pur in un ambito ancora figurativo-simbolista nei particolari, talora soverchianti, delle sue opere del c.d. “Periodo d’oro” ci fornisce esempi di arte astratta in oro che va al di là del mero decorativismo. Io sento un forte legame con la pittura di Klimt, tant’è che non a caso una mia opera “Blu” è appunto intitolata “Omaggio a Klimt”. 

G.Klimt, La foresta dorata                                                                     M.Tosini, Omaggio a Klimt
G.Klimt, La foresta dorata                                                                     M.Tosini, Omaggio a Klimt

C’è poi un’opera di Klimt “La foresta dorata” in cui l’elemento astratto occupa l’intera scena. D’altra parte Klimt fu fortemente influenzato dai giapponesismi allora molto in voga in Europa, il che fornisce un ulteriore punto di contatto con la mia ricerca nell’ambito dell’estetica Zen. Tuttavia vi è una differenza sostanziale della mia pittura rispetto a quella di Klimt. In Klimt le strutture astratte in oro (salvo appunto “La foresta dorata”) sono parte di composizioni in cui l’elemento figurativo è sempre presente mentre le mie strutture in oro vivono di loro vita autonoma. Una particolarità tecnica che mi affascina di questo materiale e che a mio avviso lo rende estremamente attuale, contemporaneo è una sorta di tridimensionalità che acquistano sul fondo nero i segni in oro e che danno ad opere bi-dimensionali una valenza quasi scultorea. 

M. Tosini, Struttura Bio-meccanica
M. Tosini, Struttura Bio-meccanica

Mi affascina poi la reazione dei segni tracciati in oro alle diverse modulazioni della luce con suggestioni inaspettate soprattutto negli ambienti in penombra per cui i segni emergono con ancora maggiore forza nell’ambiente circostante. A questo proposito ritengo che, oltre che le caratteristiche intrinseche del materiale foglia d’oro che comunque sia pure steso in spessori sottilissimi presenta una certa “matericità” che lo accomuna alle superfici naturali di pietre e metalli, sia il vuoto stesso, la superficie oscura che circonda i segni aurei a indurre questo effetto tridimensionale nel dipinto.